MASCHIO E FEMMINA LI CREÒ
Il tempo qui nel Karoo trascorre lento e ti lascia spazio per pensare a tutte quelle cose a cui non pensi mai.
Pensieri belli, leggeri, tranquilli; che ti addormentano la sera e che ritrovi accanto la mattina.
Riflessioni semplici, pulite, senza pregiudizi e malizie.
La testa si svuota e l’anima respira, per davvero.
Siamo in Africa da una settimana e i ritmi della natura sono diventati anche i nostri.
Non esiste orologio perché tutto è scandito dal sole. Alle 6 ci si sveglia, alle 11 si fa pranzo e alle 18.30 si cena. Prima della buonanotte ci si ritrova tutti davanti alla bush-tv, un grande braciere sotto le stelle. Alle 19 tolgono l’elettricità: lo chiamano load-shedding, è un black-out programmato dal governo del Sud Africa per riuscire a sostenere la richiesta energetica del paese che sta crescendo a ritmi travolgenti.
Volenti o nolenti siamo mossi dal sole.
Qui è lui che regna, sulla terra spaccata, sui germogli secchi e sugli animali assetati.
E’ la legge della Natura che qui ha distese immense su cui dipingere il suo disegno perfetto.
Oggi, però, è una giornata diversa.
Le strade si sono riempite d’acqua e adesso scorrono come fiumi, il cielo è nero e le nuvole minacciose. Ha appena smesso di piovere ma a breve ricomincerà. In due giorni è caduto il 50 % dell’acqua prevista in un anno.
Avremo il grandissimo privilegio di vivere anche questa Africa, quella nascosta, straordinariamente umida e impensabilmente fredda.
La stessa pioggia accompagnerà domattina il volo di mia sorella che, dopo una vacanza trascorsa insieme, rientra a Torino. Con lei anche Claudia, Alberto e Davide: i nostri compagni di viaggio.
Io e Andrea rimarremo qui, aspettando l’arrivo di altri amici.
La nostalgia di questo rientro è nell’aria: le risate hanno lasciato posto ad un sorriso tirato e negli occhi non c’è più la spensieratezza dell’arrivo. E’ tempo di pensieri.
Per noi che rimaniamo in fondo non cambierà nulla, continueremo ad arricchire le nostre giornate di stupore e meraviglia perché qui non può che essere altrimenti.
Ma in fondo qualche differenza ci sarà: non avrò più mia sorella con cui condividere il bagno, prendere il sole e farmi sistemare i capelli, un’amica a cui chiedere una foto, a cui arraffare un accessorio. Arriveranno sei ragazzi, tutti uomini. E qualcosa cambierà.
Eppure non vedo l’ora che arrivino perché anche di loro vorrò intravederne le emozioni, scovare quello che non vogliono fare trapelare e ascoltare quello che invece hanno da dire.
Sarò l’unica donna, come spesso accade, e non sarà un problema ma un’altra opportunità; sarà uno spunto di riflessione che sicuramente confermerà la mia opinione: sono donna, ma il femminismo non fa per me.
Il mondo della caccia è uomo, quell’uomo forte, rude e selvaggio.
Impossibile affermare il contrario.
Per le donne c’è sempre stato poco spazio e gli esempi di donne cacciatrici sono spesso e volentieri associati all’idea di una figura più debole, da accompagnare e assistere. Ma non parliamo di cacciatrici, non ne sarei in grado, parliamo di donne “selvagge” perché in fondo il discorso è lo stesso anche per il mondo dell’outdoor, un settore che effettivamente richiede forza fisica e preparazione. L’uomo è fisicamente avvantaggiato, nasce “bestia" e sempre lo sarà.
Odio qualsiasi affermazione che assomigli in qualche modo a “l’uomo è al pari della donna”.
Non è vero! Non può esserlo ed è giusto che sia così.
Bisogna imparare a sottolineare le differenze e soprattutto ad apprezzarle per tali.
E’ un discorso complesso e soprattutto delicatissimo, sono sicura che in molti non si troveranno d’accordo ma nella mia testa ci sono delle sottigliezze che mi piacerebbe provare a spiegare; non perché qualcuno le condivida ma perché vengano almeno percepite.
La cronaca moderna abusa del termine.
Il femminismo si è trasformato in una difesa a priori del sesso debole.
E la cosa che più mi da fastidio è proprio il fatto che tutto questo avvenga a priori.
Lo sbaglio sta lì, in quelle due parole: a priori.
Oggi in un confronto tra uomo e donna per essere politicamente corretto bisognerebbe iniziare con il presupposto che la donna debba essere in qualche modo avvantaggiata perché, appunto, più debole. Come quando si gioca con i bambini a nascondino e si cerca in qualche modo il nascondiglio più facile per far sì che ti trovino e non si sentano inferiori a te.
E’ qui che viene il punto.
Questo comportamento è un modo implicito per dimostrare che la controparte, in questo caso il bambino, è realmente più debole e va aiutata. Le donne che difendono a spada tratta il femminismo stanno in realtà facendo del male a se stesse: riconoscono di essere il sesso debole e chiedono aiuto. Ma come si fa ad arrivare ad una parità di diritti tra uomo e donna se si continua ad ammetter di essere il sesso inferiore? Bisognerebbe prima di tutto convincersi di non esserlo.
Un paradosso.
Ma la cosa più grave è che in tutto questo si perde di vista ciò che realmente va difeso e condannato: gli abusi e la violenza in tutte le sue forme; ma, attenzione, quella reale non mediatica. E in questo caso non è più questione di femminismo, di solidarietà femminile, qui ci va la condanna da parte di ogni soggetto, maschio o femmina che sia. Così come ci si allea davanti a un omicida, ad un ladro, ad un maleducato. In questi casi non ci si interroga sul sesso del disgraziato, perché allora farlo in altre circostanze? Perché dovrebbero essere solo le donne ad agire? Nessun movimento femminista ha mai pensato di accusare un uomo che ha rubato in quanto uomo; il suo errore è condannato da uomini e donne allo stesso modo, e così dovrebbe essere anche in tutti quei casi di violenza sulle donne: non c’è bisogno di donne che difendono altre donne, c’è bisogno di comunità che si alleino nella difesa delle parti lese. A questo punto non c’è davvero più bisogno di parlare di femminismo.
Se la donna è uguale all’uomo, è la donna che in primis deve comportarsi come tale.
O meglio: accettare che il fatto di essere donna comporti delle differenze che non sono sinonimo di inferiorità o debolezza.
Differenze che sono la realtà dei fatti perché senza di quelle non ci sarebbe il mondo.
E allora il verbo giusto è valorizzarsi, non difendersi.
Il mondo dell’outdoor è stato negli anni la culla di questo pensiero.
Quando sono approdata in questa realtà la situazione è stata chiara fin da subito: avrei dovuto imparare a viverci con tutti quegli uomini forti e rudi, senza mai piegare la mia natura…. Perché siamo diverse, ricordate?! E diverse dobbiamo essere.
Per chi non lo sapesse, sono quattro anni che ho iniziato a lavorare come creatrice di contenuti nel settore venatorio, complice mio marito Andrea che fin da subito è riuscito con le parole giuste a spiegarmi il suo mondo.
La caccia in casa nostra è fatta di tantissime amicizie e conoscenze.
Ogni weekend della stagione inizia con la cena del venerdì e finisce con il pranzo della domenica: è un’abitudine che difficilmente abbandonerà e abbandoneremo perché è ciò che più arricchisce la nostra idea di caccia. Io sono abituata ad avere la casa invasa, nel senso buono del termine, da ragazzi. Cinque, otto, dieci ogni weekend e da ognuno di loro imparo qualcosa di me. Chi sono, cosa penso e chi voglio essere.
Di ogni loro sfaccettatura riconosco in me l’antitesi.
Siamo diversi, eccome se lo siamo.
Gli uomini sono semplici, arrivano sempre al dunque senza troppi bisogni di parole difficili e aggrovigliate. Fin da piccola l’ho sempre pensata così, non ci sono malizie e inganni: ogni cosa è chiara fin dalle prime parole con cui si presentano. E io lo apprezzo.
Ammiro questa diversità perché mi ha permesso di valorizzare una nostra dote: la perspicacia.
Loro lo sanno che, prima ancora di aprire bocca, c’è già una donna che ha capito cosa hanno da dire. E di questo possiamo vantarci, in questo ambito saranno sempre loro la parte debole. Perché allora dover per forza sottolineare con tono accusatorio che in altri campi sono “più forti” di noi.
Quando partiamo per le nostre lunghe passeggiate ognuno di loro ha uno zaino gigante.. e ne ho sempre uno anche io: più piccolo, certo, ma ce l’ho. Per quale motivo dovrei farmi portare la mia acqua, la mia giacca e il mio binocolo nello zaino di qualcuno di loro? Alla fine è uno sforzo che posso fare, o almeno provarci.
E’ qui rinchiusa l’altra sottigliezza che spero venga capita: si tratta di provarci, senza pretendere a priori che debbano essere loro a caricarsi sulla schiena anche il nostro peso.
Ed è meravigliosamente entusiasmante scoprire che il più delle volte i limiti sono frutto di quello che ci impone la società. Che il 90% delle volte ci riusciamo esattamente come loro.
E in quel 10% di casi ho sempre trovato chi con parole gentili e modi garbati ha voluto caricarsi il mio zaino per farmi arrivare fino in punta. E io non mi sono sentita debole perché sapevo di essere stata forte fin quanto il mio essere donna me l’ha permesso.
Questi giorni qui in Africa mi sono sentita davvero parte del mondo ed è proprio osservandolo al suo stato più brado che ho avuto modo di captarne veramente alcune dinamiche.
Basilari, vere e semplici.
Come tutto qui.
Di ogni specie c’è maschio e femmina.
I maschi hanno trofei importanti, le femmine no.
Le femmine guardano i piccoli, i maschi no.
I maschi combattono e corteggiano le femmine.
La femmina più anziana è capogruppo.
E adesso ditemi, siamo davvero così potenti da poterci dare altri equilibri?
Da stravolgere tre miliardi e mezzo di evoluzione illudendoci che le donne e gli uomini debbano avere gli stessi ruoli?
E’ la legge della natura, forse è il caso di accettarla.
Io credo nella bellezza delle diversità, perché quelle dell’una valorizzano le stesse dell’altro.
Siamo uomo e donna, non un’unica entità.
Qualcuno ci ha fatti diversi e come diversi dobbiamo accettarci.
Lasciamo al femminismo le battaglie più vere, teniamoci la diversità come punto di forza.