CACCIATORI DI MONTAGNA
Un corridoio di qualche chilometro, un trenino di muletti e quei bancali di cassette incolonnate a regola d’arte per attirare l’attenzione del miglior offerente. Un vociare di folla assordante, contrattazioni accese e scambi di denaro, l’unica lingua che sembra accomunare tutte le etnie qui concentrate. Le uniche regole, quelle del mercato. È impressionante da ammirare, ancora più esilarante da vivere, un mondo sommerso di cui pochi conoscono l’esistenza ma che muove le dinamiche di tutte le nostre vite: è la città che non dorme mai.
Sono le quattro di mattina ai mercati generali di Torino e anche questo venerdì l’atmosfera è rovente. Davide conosce bene quel fervore, se n'è innamorato fin da piccolo, da quando nonno Giacomo ha deciso di passare l’attività di famiglia a suo papà, e quindi a lui. Ha custodito gelosamente l’incarico fino alla maggiore età per poi lasciarsi travolgere da questo lavoro che, più di molti altri, sembra soffocare i piaceri della vita.
Al CAAT la sveglia delle due di notte non ha mai risparmiato nessuno, nemmeno un diciottenne che la sera prima ha voluto fare festa; e lui lo sa bene.
Eppure il suo posto nel mondo è proprio qui, in mezzo alla gente della notte, dove per sopravvivere c’è bisogno di corazze robuste.
Alle otto, ormai, le alte colonne di frutta e verdura saranno in viaggio verso i mercati rionali; di tutto il trambusto di quella notte non rimarrà che il ronzio delle grandi ventole delle celle frigorifero, custodi di piccole rimanenze; e quando anche l’immenso piazzale grigio prenderà il posto della chilometrica fila di camion, nessuno saprà più che cosa è successo. Silenzio e immobilità saranno i nuovi custodi di quel mondo inghiottito velocemente dalla luce del mattino.
Sarà l’alba a dare inizio ad una nuova vita: il weekend.
Questo è molto speciale. La macchina è già carica per non perdere nemmeno un attimo di quella che è, da sempre, la giornata più attesa dell’anno.
Direzione? Montagne.
Proprio lassù, all’antitesi di quella frenesia c’è una manciata di case che la notte ha appena restituito alla luce. Un cono rosa sembra aver individuato la cima più alta di quella valle mentre il sipario è ancora calato su tutte le altre che, come soldati di un battaglione schierato, aspettano in ordine di essere riscaldate dai timidi raggi. Due sole melodie: tra i calanchi gli echi dei primi bramiti, ad accarezzare le praterie il sibilo del vento. Dai tetti di quelle quindici baite di pietra e legno si alzano le piccole colonne di fumo bianco che, sentenziose, individuano i caminetti accesi dei più mattinieri della borgata. Tra i pochi già alzati, Andrea.
La montagna si è svegliata, e lui con lei.
Due mondi, due vite, due fratelli e la quiete del mattino per ritrovarsi: chi per tirare le somme di una giornata che finisce, chi per progettarne una nuova che nasce.
A me piace guardarli così, incastrare un’altra avventura tra gli spigoli delle loro vite diverse.
Oggi il loro orologio è stato sincronizzato sullo stesso fuso orario, il che accade di rado e solo per le occasioni importanti: questa sembra esserlo; in fondo se bisognasse disegnarla, la Vigilia dell’apertura, indosserebbe per certo giacca e cravatta, come ogni evento importante.
In realtà tutta l’eleganza di questo giorno è stata concentrata in un paio di pantaloncini corti sorretti da due gambe lunghissime e ossute, quelle di Davide, che strisciano tra l’erba ancora decisamente verde per un settembre inoltrato; sul petto traspare, tra la zip aperta del pile arancione, l’immancabile t-shirt con il camoscio abbozzata dal fratello, di cui va tremendamente fiero: ogni gadget della linea Cacciatori di Montagna che Andrea progetta diventa per lui un motivo di orgoglio. Anche questa volta ne ha portato con sé più d’uno: li mostrerà un po’ alla volta.
C’è lo stesso logo, in dimensioni ridotte ed indossato con molta meno enfasi, sul cappellino di Andrea che dopo qualche metro dalla macchina è già a terra con il lungo: sulla riva opposta un cervo al bramito.
Si ferma, lo chiama, lo filma e lo ammira; ogni volta è come se fosse la prima, non c’è richiamo più forte per lui. Davide lo sa e lo lascia fare finchè il sole, abbandonando la valle, sembra dare l’ultimatum ai due fratelli: poche ore al buio, tante cose ancora da sbrigare. Un ultimo richiamo al cervo, il tubo nello zaino e si riparte.
Li abbandoniamo ai piedi dell’ ingarbugliata serpentina di tornanti che separano la macchina dalla baita del pastore, per poi ritrovarli cinquecento metri più in su, decisamente affaticati dal peso dello zaino, alla ricerca di un pianoro su cui montare la tenda.
La montagna ha spento i suoi colori, tutto è un po’ più scuro e l’aria, seppur non freddissima, inizia a caricarsi dell’umidità della notte: via i pantaloncini, pronti i piumini. Le immagini di Davide paonazzo che gonfia i materassini e il borbottio di Andrea per il tremendo disordine del fratello accompagnano le perplessità di chi ha deciso di guardare il film di questa avventura: l’apertura, ma di cosa?
L’intervista di Andrea arriva diligente per cercare di dissolvere ogni dubbio: preparata la tenda e il fuoco avrebbero binocolato l’intero anfiteatro alla ricerca di un camoscio maschio vecchio per l’indomani.
Così come facevano nei lunghi viaggi da piccoli contando i caprioli fuori dal finestrino della macchina, si sarebbero silenziosamente ma fervidamente sfidati alla ricerca di un capo meritevole: questa volta a distanze chilometriche, dove l’occhio giovane di Davide avrebbe fatto ancora un volta la differenza. È sempre lui il primo a scovarli e anche questa sera non sarebbe potuto essere diversamente. Dopodichè è Andrea a dare il verdetto finale su sesso e età che, capite bene, a 1000 m di distanza potrebbe accompagnarsi di qualche incertezza; ma non oggi: testicoli bene evidenti, è maschio. Le pareti rocciose sono in realtà costellate da tantissimi puntini neri indecifrabili date le distanze ancora più lunghe. Toccherà salire e pensarci l’indomani.
La notte incorona la montagna con una luna immensa e tonda che sorprende i visi dei due fratelli illuminati dal tepore di un fuocherello: sono le espressioni distese di chi ha riscoperto il senso dello stare insieme ed ora ne vuole fare tesoro per tutte quelle volte in cui la diversità della sua vita lo porterà un po’ più lontano dall’altro.
“Che poi ragazzi, alla fine non c’è bisogno di tanto nella vita: un fuoco, una tenda, un amico che in questo caso è un fratello… e alla fine io sono felice”.
Qui è rinchiuso tutto quanto il senso del loro andare: il mondo con le sue meraviglie non avrebbe senso se non esistesse casa, una casa fatta di affetti, certezze e calore; riferimenti prima di tutto: come la luna piena in quella notte buia.
Così inizia la loro ottava apertura insieme. Che poi dire ottava è anche riduttivo: otto sono quelle con licenza ma la loro storia quassù conta qualche anno di più. I segreti della caccia al camoscio sono tra i primi insegnamenti che gli sono stati trasmessi da piccoli e stasera, quasi vent'anni dopo, accanto ad una tenda sulle loro montagne, pianificano ancora insieme la caccia dell’indomani.
È una fortuna; che non capita a tutti.
“Cacciatori di Montagna”, la nostra serie, nasce così: un po’ per caso, un po’ per fortuna, in una giornata di caccia qualunque; che poi qualunque non è mai. Nasce perchè l’idea di sentirsi simili e vicini, anche se profondamente diversi, è un po’ la casa che tutti noi vorremmo: quell’idea di appartenenza ad una famiglia con cui condividere vittorie e fallimenti fa sentire compresi. Abbiamo lavorato tanto negli anni perché chiunque noti il loghino di quel cacciatore stilizzato con zaino, bastone e carabina, possa riconoscersi in quei pochi semplici valori che esaltano la bellezza di un fuoco. Di una tenda. Di un amico. Continueremo a raccontare le nostre avventure perchè, d'altronde, sappiamo che sono anche le vostre: tutte diverse ma tutte simili. Ci riempiremo il cuore quando ci racconterete le vostre perché in quelle sapremo riconoscerci. C’è già chi lo ha fatto e ci scrive così:
“Mi avete fatto emozionare in un crescendo, fino all'arrivo del fratello..e lì non ho trattenuto le lacrime pensando a mio padre che mi accompagnava nelle mie avventure in montagna.”
Una ricchezza di parole per il nostro lavoro: il sentirsi compresi da chi, dall’altra parte dello schermo, pur non sapendolo, ha dato un senso a quanto costruito finora, regalandoci la consapevolezza che anche questo mondo ha solo bisogno di comprensione. E come in ogni famiglia, la ricchezza è data dalle tante generazioni di sognatori.
C’è chi continua a farlo guardandoci:
“Ciao Andrea, non sono più molto giovane, ma a guardare i tuoi video provo le emozioni che provavo 30 anni fa ai primi camosci. Con te la caccia ha ancora il sapore di una volta;”
Chi freme di iniziare:
“Io ho 15 anni e una grande passione per la caccia, spero di trovare delle persone con cui condividere anche io questi bellissimi momenti”.
E poi chi non vuole smettere di ricordare:
“La tenda, il fuoco ,la luna la compagnia…una splendida giornata conclusa nel migliore dei modi...Quante volte nei campi a militare gonfiavo il materassino..... “
Il colore caldo della brace incandescente di quel fuocherello si trasferisce dopo poche ore sulle sagome dell’abetaia che costeggia il crinale, incendiando il cielo sopra la valle. È l’alba che arriva.
Prima ancora che gli occhi possano vedere il sentiero senza l’aiuto delle frontali, c’è già un’ombra di alpenstock che solca il cielo in controluce, seguita da tre profili.
E’ arrivato anche Simone, un caro amico di Andrea, a testimonianza del fatto che non sono solo i legami di sangue ad aggregare la grande famiglia di Cacciatori di Montagna.
Polmoni che bruciano, aria già calda ed un costante dondolio di campanacci in sottofondo; è appena giorno quando gli scarponi raggiungono la prima vetta.
Zaini giù e binocoli sù per cercare di dare un sesso a quelle macchioline nere della sera precedente: il solito maschio, ora un po’ più definito, due sagome ancora indecifrabili ed una femmina tanto bella da sembrare maschio.
Qualche minuto, non più di tre, per togliere la carabina del fodero e poi ripartire, accorgendosi che la calura insolita di quella mattina sta spingendo i camosci a cercare riparo tra le piante: inconvenienti da valutare.
C’è Andrea davanti che pianifica, Davide si abbandona a lui riponendo in quella fronte corrugata e pensatrice le sorti della cacciata; ha grande fiducia nel fratello e come ogni secondogenito continua a guardarlo con gli stessi occhi di sempre, gli occhi brillanti e pieni di ammirazione che ogni fratello minore ha davanti ai successi e alle imprese del maggiore.
Sotto la luce forte delle otto gli occhi dei tre ricadono sulla testa del maschio individuato la sera prima, nascosta nell’unica striscia gli ontani di quella prateria alpina. Non ci sono più alternative: il destino di quella giornata, iniziata da poco e già quasi finita, è stato scritto e può solo convergere su quel camoscio.
L’animale è nascosto. Gli ultimi passi felpati ed instabili tra l’erba gialla scivolosa e la roccia sgretolata, poi l’arrivo al grande masso, l’ultimo nascondiglio tra loro e il camoscio.
E’ proprio su quella pietra che, dopo quattro anni consecutivi di “aperture sbagliate”, Davide ha prelevato il suo maschio di camoscio, lo stesso binocolato ad un chilometro di distanza la sera prima. Un animale di nove anni che di eclatante forse non ha proprio nulla: nessuna particolarità, nessun trofeo importante e nemmeno un’età tremendamente avanzata. Eppure rimarrà speciale.
Lo sarà perché custode di ricordi: di quella notte insieme davanti al fuoco in cui le diversità di due vite hanno trovato tempo e spazio per nutrirsi insieme di un’ altra avventura. E tutti noi con loro.
Cacciatori di Montagna è per voi: per chi ha bisogno di riconoscersi parte di qualcosa, di un’emozione o di un ricordo; per tutti quelli che si riscoprono fratelli decidendo di affidare pensieri e sogni a quel piccolo omino che scala le montagne con il suo fucile a spalle.
Andrea e Davide, 26 e 29 anni; fratelli e Cacciatori di Montagna: sia l’uno che l’altro, per sempre.